Astrologia

I miti, gli archetipi e i fondamenti dell’astrologia junghiana: intervista a Paolo Quagliarella

Paolo Quagliarella
Gli oroscopi di
Astrologo junghiano, Paolo Quagliarella si è specializzato nell'analisi del Tema Natale applicata alla psicologia analitica: lo abbiamo intervistato per farci raccontare meglio in cosa consiste

Studiare e mettere in relazione il pensiero e la visione archetipica dello psichiatra e psicoanalista svizzero Carl Gustav Jung, “padre” della psicologia analitica, con l’astrologia per imparare a conoscersi meglio e fornire strumenti utili ad approfondire il proprio carattere, le predisposizioni, i limiti, le luci e le ombre.

C’è questo alla base del concetto di “astrologia junghiana” portato avanti da Paolo Quagliarella, docente di Epistemologia II presso la Scuola di Psicoterapia a indirizzo Analitico Archetipico Atanor a Scoppito (AQ) e, appunto, astrologo junghiano. Abbiamo parlato con Paolo del suo lavoro, chiedendogli di spiegarci meglio in cosa consista la disciplina che studia e racconta.

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Intervista a Paolo Quagliarella

Paolo, partiamo subito da una definizione: cos’è l’astrologia junghiana?

Nell’astrologia junghiana si utilizzano i concetti degli archetipi junghiani e i principi di Carl Gustav Jung, soprattutto. Quando si parla di archetipi c’è da tenere a mente una differenza importante: non è corretto dal punto di vista archetipico parlare di Ariete, Toro, Sagittario e via dicendo. L’archetipo è forma vuota priva di contenuto, e se parlo di archetipo riferendomi a Marte o all’Ariete ho già intrinsecamente un contenuto. Quello che è sotto è, nel caso di Marte e dell’Ariete, l’aggressività o l’assertività, per esempio, collegate a un ampio spettro. Attenzione, non si parla di “bene o male” quando parliamo di aggressività, è un concetto più sfumato.

Una combinazione di psicologia e astrologia, dunque. D’altronde negli ultimi tempi l’astrologia è stata molto sdoganata e ha perso gran parte dei pregiudizi che la accompagnavano e la definivano una sorta di “scienza per creduloni”.

Fortunatamente sì. Io non credo nella definizione astrale, non credo che l’oroscopo ci definisca e non esistono previsioni, ma ha molto senso usare l’astrologia come uno strumento riflessivo. Un po’ come quando si legge un romanzo e si dice “in questa cosa mi riconosco”. Durante una consulenza dunque c’è l’astrologo che racconta una storia sul Tema Natale in cui la persona può poi più o meno ritrovarsi. 

Mi può fare un esempio pratico?

Difficile così a bruciapelo, e non ci sono chiaramente certezze tramite il Tema Natale, però ci sono forme archetipiche. Prendiamo per esempio un Sagittario ascendente Sagittario: la persona è nata all’alba, e basandosi meramente sulle caratteristiche del segno sarebbe una persona che ama viaggiare, comunicare, esplorare. Io non metto su questo piano la consulenza, ma potrei per esempio dire che per una persona Sagittario ascendente Sagittario è importante il concetto legato all’espansione, al non stare fermi, che può essere sia fisico sia intellettuale. È importante la dinamicità, il movimento, e va tenuto a mente che l’espansione può diventare anche stanchezza, perché se ci si si espande troppo si può avere necessità di rallentare.

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Come è arrivato a studiare l’astrologia junghiana?

Mi sono laureato in Filosofia a indirizzo psicologico con una tesi su Jung e la sua storia, in cui ho approfondito l’interesse dello psichiatra svizzero per l’astrologia. Ho iniziato ad appassionarmi all’astrologia intorno ai 16 anni, e dunque sono 35 anni che lo faccio. Alla base c’era la curiosità di scoprire il mio carattere e il carattere degli altri, soprattutto perché ero timido. Ho studiato diverse discipline e alla fine mi sono fermato all’astrologia. Mi sembrava più concreta: aveva pianeti, qualcosa che esiste e si può vedere e approfondire. 

Come si sviluppa una consulenza?

Dura circa un’ora e inizio sempre a parlare io perché non voglio essere condizionato. Diciamo che racconto una storia, nello specifico la storia della persona attraverso il Tema Natale. Dopodiché accetto tutte le domande. Si tratta di qualcosa che faccio nel tempo libero, visto che ho un altro lavoro a tempo pieno, dunque scelgo con cura le mie consulenze.  

Che tipo di persone richiedono una consulenza?

Rispetto a quello che è il mio modo di fare una consulenza, è una nicchia della nicchia. Il mio è un approccio meramente psicologico, riflessivo e narrativo, rifiuto a priori chi mi chiede previsioni: non è il mio mestiere. I miei clienti sono persone molto diverse tra loro, si va dal manager allo psichiatra, passando per psicoterapeuti, psicologi e persone diverse che vogliono lavorare su di loro. La maggior parte è donna, principalmente perché le donne tendono di più all’introspezione e perché sono più attratte dall’astrologia, usano meno la razionalità e maggiormente l’intuito. Un uomo che va dall’astrologo ha sempre un po’ di timore, ma devo dire che statisticamente, su un 5% di uomini che richiedono la mia consulenza, la metà sono uomini che lavorano nell’ambito manageriale e dirigenziale. 

Come si può portare ciò che abbiamo ascoltato nella consulenza nella vita di tutti i giorni?

Partendo dall’assunto che è come qualcuno ti raccontasse una storia: io racconto la storia del tema, del segno e del pianeta, affrontando anche i miti. Nel caso del Sagittario, per esempio, racconterei la storia di Giove, e qualcuno ci si può ritrovare o meno. Se davanti a me ho una persona che mi confessa che non riesce ad affrontare determinate sfide come vorrebbe, gli consiglio di rileggere il mito di Giove in ottica meno passiva, di guardare come si muove, di cercare di capire perché indossa tante maschere e di provare a pensare e a vivere la vita di Giove. Spesso propongo anche dei libri specifici, non solo narrativa ma testi legati ai miti, e in alcuni casi faccio anche effettuare sedute di rilassamento e visualizzazioni. Capita per esempio che una persona mi dica che non si sente totalmente realizzata perché non riesce a fare ciò che riesce, e io posso consigliare di provare a pensare a un momento in cui in passato si è sentita realizzata e di tornare lì. Finito l’esercizio spesso l’atteggiamento è mutato ed emergono anche parole chiave che aiutano ad approfondire ulteriormente. È un mix di coaching e counseling.

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